Istanbul, Turchia. La
città che si stende tra Europa ed Asia, antica capitale dell’Impero
Ottomano e prima ancora di quello Bizantino e Romano d’Oriente,
conosciuta nei secoli passati con i nomi di Costantinopoli e
Bisanzio, è sede del più grande mercato coperto del mondo, il Gran
Bazaar, con una storia di oltre cinquecento anni alle sue spalle. Non
tutti però sanno che la capitale culturale della Turchia ospita
anche un altro grande e famoso bazaar, uno dei più grandi mercati di
spezie e generi alimentari al mondo, chiamato comunemente Bazaar
delle Spezie, o Misir Carsisi, ma noto anche come Mercato
Egiziano per via dell’origine dei dazi doganali e delle numerose
spezie vendute in passato.
Facente parte della
struttura della moschea nuova, la Yeni camii, che si affaccia
sul Corno d’Oro, il mercato si estende dai moli del quartiere di
Eminonu alle strade che portano verso la Suleymaniye camii,
un’altra grande moschea tra le più belle della città. Il bazaar è
un agglomerato di negozi e botteghe, che devolvono parte dei proventi
alla moschea, in cui si vendono principalmente spezie sfuse, erbe
aromatiche, frutta secca, dolci, miele, saponi, attrezzature per il
bagno turco e tanto altro. La struttura, peraltro molto ben
conservata, venne costruita nel 1660 e da allora fornisce la migliore
varietà di prodotti che in occidente si trovano per lo più
all’interno delle erboristerie.
Negli ultimi anni il
mercato ha perso un po’ del suo splendore a causa dell’aumento
della merce diretta esclusivamente ai turisti, di qualità non
eccellente e per lo più limitata alle spezie alimentari più comuni,
frutta secca e dolciumi. Tuttavia in questo contesto lavorano ancora
alcuni speziali alla vecchia maniera, tra cui Adnan Kalmaz, titolare
della bottega Kalmaz Baharat (letteralmente “le spezie di Kalmaz”).
Kalmaz svolge la sua
attività da alcuni decenni e prima di lui suo padre e suo nonno,
tanto che la loro bottega nel bazar è in attività da oltre
settant’anni, durante i quali si è continuato a vendere spezie,
aromi, olii essenziali, polveri per le più diverse esigenze di
salute, saponi naturali e tanto altro. Decidiamo di incontrarlo per
discutere con lui del futuro dell’attività erboristica in Turchia,
soprattutto alla luce della prospettiva dell’ingresso del suo paese
nella Comunità Europea.
Arriviamo sul molo di
Eminonu, avvolti nell’aria fresca del mattino e nell’odore del
pesce appena pescato e cucinato sui barconi ancorati poco oltre la
banchina, ci incamminiamo oltre la Yeni camii, attraversando un
grande mercato all’aperto di prodotti per l’agricoltura dove
vengono esposti, tra le altre cose, decine di contenitori di plastica
contenenti sanguisughe (ci viene riferito che vengono ancora
utilizzate per effettuare i salassi, pratica ormai dimenticata in
occidente). Facciamo il nostro ingresso nel Misir Carsisi e
ci dirigiamo verso la bottega di Adnan Kalmaz. Lo troviamo intento a
miscelare erbe per una tisana ad un’anziana signora avvolta in un
chador di colore scuro, e ci fermiamo ad osservare i suoi gesti
precisi, che accompagna con lo sguardo lucido dietro le lenti degli
occhiali. Attendiamo di potergli parlare e nel frattempo diamo
un’occhiata agli oggetti esposti sul bancone e dietro le sue
spalle, sulle mensoline di legno e nelle vetrinette: antiche bilance
in ottone, vasi di ceramica dove gelosamente conserva le sue erbe,
scatoline di latta che mostrano tutti i loro anni ma ancora
utilizzate come contenitori per miscele di spezie, sacchi di juta da
dove riusciamo ad intravedere equiseto e salvia, sacchetti più
piccoli con una polvere verde intenso, di cui ci viene detto essere
il miglior hennè in circolazione, ma la cui origine non ci viene
svelata. Guardiamo con curiosità e stupore un pesce palla e un
cavalluccio marino imbalsamati, antichi rimedi non più utilizzati,
così come strani frutti appesi in alto con delle cordicelle, di cui
ignoriamo l’utilizzo.
In Turchia il negozio di
erboristeria, come viene inteso in occidente, in pratica non esiste;
ci sono le farmacie che si occupano di vendere anche integratori
alimentari, per il resto gli erboristi sono quelli che si possono
trovare nel Misir Carsisi, ma con un’attività per nulla
paragonabile a quella degli antichi medici erboristi alla corte dei
sultani ottomani, ma più simili a speziali o droghieri.
“La storia della
Turchia” – ci racconta Kalmaz – “è molto antica. I racconti
che riguardano le antiche popolazioni dell’Anatolia si perdono
nella notte dei tempi e sconfinano nella leggenda”. Le sue parole
ci portano il ricordo della civiltà agricola di çatal huyuk, in cui
è attestato l’uso di alcune erbe a fini cerimoniali per indurre
l’estasi negli iniziati al culto. “Istanbul è una città che
porta i segni della sua storia, prima come Bisanzio, poi come
Costantinopoli capitale dell’Impero Romano d’Oriente, un arco di
tempo di oltre duemila anni”. Kalmaz ci racconta per sommi capi
dello sviluppo della medicina turca, delle grandi influenze
provenienti tanto dal mondo arabo che da quello ellenico, lo sviluppo
della pratica medica alla corte del sultano, capo dell’Impero
Ottomano. “Anticamente le erbe erano il rimedio principale e i
medici di corte, appositamente chiamati da ogni parte dell’Impero,
elaboravano ricette e formule per il sultano e la sua famiglia. La
vastità dell’Impero Ottomano, dall’Europa centrale al Nord
Africa a tutto il Medio Oriente, permise ai sultani che man mano si
succedettero sul trono di Costantinopoli di entrare in contatto con i
migliori medici del mondo ellenico così come di quello arabo,
creando una grande mescolanza di rimedi e metodi di cura, che fecero
crescere nei secoli il prestigio della medicina alla loro corte. Tuttavia con il trascorrere del tempo e l’avvento dell’era
moderna si è sviluppata e ha preso il sopravvento una medicina
basata sul farmaco, di origine non naturale, per cui sono nate le
farmacie e il sistema di medicina occidentale ha prevalso. Siamo così
già nel XX secolo e qui ha luogo una distinzione: da una parte
medici e farmacie che avevano, ed hanno, il compito di curare le
malattie, dall’altra parte gli speziali ed erboristi, che si
occupano di vendere spezie, aromi, olii e profumi, oltre che alcune
erbe comuni per risolvere piccoli malanni, ad esempio problemi
digestivi, problemi di transito intestinale, stanchezza e tensione
nervosa, insonnia”. A ben guardare niente di molto diverso da
quello che è successo in occidente con la nascita della moderna
farmacologia. Mentre l’erborista turco parla, il nostro sguardo
cade su un cartello appeso in cima che dice “Les aphrodisiaque des
Sultans” e gli chiediamo di che si tratta. Ci guarda con un
enigmatico sorriso e ci dice: “E’ l’afrodisiaco dei Sultani, un
tonico energetico sessuale, una formula segreta che potete trovare
solo qui da noi!”. Per un occidentale il termine afrodisiaco
risulta ormai caduto in disuso, ma all’interno del bazar delle
spezie di Istanbul, in mezzo a cumuli profumati di cannella, cumino e
mille altre spezie, questa parola assume un significato diverso,
rinnovato e quanto mai attuale. Lo dimostra il fatto che tra le piccole botteghe del Misir
Carsisi gli afrodisiaci sono tra le cose più vendute e ricercate
dagli avventori. Kalmaz resta un attimo in silenzio, come per
raccogliere i suoi pensieri, e continua nel suo incerto inglese
spiegandoci che “la cultura e la lunga storia degli afrodisiaci
nasce con i sultani dell’Impero Ottomano e le loro regole sociali,
la poligamia soprattutto. Allora, specialmente a partire dal XVI
secolo, l’harem del palazzo Topkapi contava numerose concubine,
fino ad alcune centinaia. Per poter soddisfare le esigenze del
sultano, i medici di corte cominciarono ad elaborare sempre nuove e
più efficaci formule con proprietà afrodisiache atte ad aumentare
la libido e migliorare la funzionalità dell’apparato riproduttivo
maschile.” Mentre prosegue con il suo racconto apre un vecchio
barattolo di ceramica al cui interno c’è la misteriosa formula
dell’afrodisiaco del sultano, alla vista una polvere giallo-verde
dal forte aroma speziato. “Noi siamo i soli ad essere in possesso
di questa formula, elaborata oltre quattro secoli fa e preparata oggi
come allora. Contiene una miscela di sessantatre diverse spezie”
–
e mentre ce lo dice cerchiamo di immaginare, senza riuscirci, un
numero così alto di erbe afrodisiache – “Non troverete nulla del
genere in tutto il bazar e in tutta Istanbul! Tutto il resto è solo
fantasia!” Lo dice mostrandoci a titolo di esempio una scatolina
preconfezionata, venduta anche in qualche altra bottega, che porta
stampata un’immagine di alambicchi e strumenti spagirici e la
scritta Avicenna in alto. Non siamo in grado di dire se le supposte
proprietà di queste polveri siano o meno reali, ma sappiamo per
certo che alla corte ottomana vi furono casi di sultani molto
prolifici, come Murat III per pare abbia avuto oltre cento figli, se la storia fosse vera potrebbero esserlo anche questi afrodisiaci.
Restiamo di certo
affascinati dalle parole e dai modi di fare dell’erborista,
ma non possiamo evitare di chiedergli cosa succederà della sua
attività se avverrà il tanto annunciato ingresso della Turchia
della Comunità Europea, con tutte le sue regole in materia di
integratori alimentari, controlli igienico-sanitari e obblighi
normativi. Kalmaz ci guarda con un largo sorriso e dice di essere
curioso di sapere cosa accadrà: “Certo l’eventuale ingresso
nella Comunità Europea è interessante come evento, ma dal nostro
punto di vista non riesco a immaginare cosa possa cambiare. Le
formule che vendiamo, le erbe, le spezie, gli aromi, sono tutte cose
che abbiamo sempre usato, fin dai secoli passati e che la gente ci ha
sempre chiesto, come fa tutt’ora. Per cui se una cosa è richiesta
dalle persone, perchè dovrebbe essere vietata?”. La domanda è
pertinente, ma la risposta è difficile.
Concludiamo così la
breve chiaccherata con Adnan Kalmaz, lasciandolo ai suoi clienti, un
anziano signore che gli chiede una miscela di polveri di cui non
riusciamo ad intuire l’utilizzo, che l’erborista pesa con un
antico bilancino in ottone, e una signora di mezza età vestita con
abiti dai colori sgargianti che va via tenendo in mano un pacchettino
di rametti di salvia. E’ questo il lavoro di un erborista d’altri
tempi, siamo di fronte a ciò che rimane della sapienza dell’antica
medicina di corte dell’Impero Ottomano, siamo di fronte alle
formule divenute famose all’interno del palazzo Topkapi, elaborate
per migliorare la salute del sultano, siamo attorniati da odori e
colori che soffiano aria d’oriente sull’Europa, siamo nel mercato
delle spezie, il Misir Carsisi, siamo a Istanbul, Turchia.
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