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sabato 25 febbraio 2012

Istanbul e le sue erbe: a colloquio con Adnan Kalmaz


Istanbul, Turchia. La città che si stende tra Europa ed Asia, antica capitale dell’Impero Ottomano e prima ancora di quello Bizantino e Romano d’Oriente, conosciuta nei secoli passati con i nomi di Costantinopoli e Bisanzio, è sede del più grande mercato coperto del mondo, il Gran Bazaar, con una storia di oltre cinquecento anni alle sue spalle. Non tutti però sanno che la capitale culturale della Turchia ospita anche un altro grande e famoso bazaar, uno dei più grandi mercati di spezie e generi alimentari al mondo, chiamato comunemente Bazaar delle Spezie, o Misir Carsisi, ma noto anche come Mercato Egiziano per via dell’origine dei dazi doganali e delle numerose spezie vendute in passato.

Facente parte della struttura della moschea nuova, la Yeni camii, che si affaccia sul Corno d’Oro, il mercato si estende dai moli del quartiere di Eminonu alle strade che portano verso la Suleymaniye camii, un’altra grande moschea tra le più belle della città. Il bazaar è un agglomerato di negozi e botteghe, che devolvono parte dei proventi alla moschea, in cui si vendono principalmente spezie sfuse, erbe aromatiche, frutta secca, dolci, miele, saponi, attrezzature per il bagno turco e tanto altro. La struttura, peraltro molto ben conservata, venne costruita nel 1660 e da allora fornisce la migliore varietà di prodotti che in occidente si trovano per lo più all’interno delle erboristerie.
Negli ultimi anni il mercato ha perso un po’ del suo splendore a causa dell’aumento della merce diretta esclusivamente ai turisti, di qualità non eccellente e per lo più limitata alle spezie alimentari più comuni, frutta secca e dolciumi. Tuttavia in questo contesto lavorano ancora alcuni speziali alla vecchia maniera, tra cui Adnan Kalmaz, titolare della bottega Kalmaz Baharat (letteralmente “le spezie di Kalmaz”).

Kalmaz svolge la sua attività da alcuni decenni e prima di lui suo padre e suo nonno, tanto che la loro bottega nel bazar è in attività da oltre settant’anni, durante i quali si è continuato a vendere spezie, aromi, olii essenziali, polveri per le più diverse esigenze di salute, saponi naturali e tanto altro. Decidiamo di incontrarlo per discutere con lui del futuro dell’attività erboristica in Turchia, soprattutto alla luce della prospettiva dell’ingresso del suo paese nella Comunità Europea.
Arriviamo sul molo di Eminonu, avvolti nell’aria fresca del mattino e nell’odore del pesce appena pescato e cucinato sui barconi ancorati poco oltre la banchina, ci incamminiamo oltre la Yeni camii, attraversando un grande mercato all’aperto di prodotti per l’agricoltura dove vengono esposti, tra le altre cose, decine di contenitori di plastica contenenti sanguisughe (ci viene riferito che vengono ancora utilizzate per effettuare i salassi, pratica ormai dimenticata in occidente). Facciamo il nostro ingresso nel Misir Carsisi e ci dirigiamo verso la bottega di Adnan Kalmaz. Lo troviamo intento a miscelare erbe per una tisana ad un’anziana signora avvolta in un chador di colore scuro, e ci fermiamo ad osservare i suoi gesti precisi, che accompagna con lo sguardo lucido dietro le lenti degli occhiali. Attendiamo di potergli parlare e nel frattempo diamo un’occhiata agli oggetti esposti sul bancone e dietro le sue spalle, sulle mensoline di legno e nelle vetrinette: antiche bilance in ottone, vasi di ceramica dove gelosamente conserva le sue erbe, scatoline di latta che mostrano tutti i loro anni ma ancora utilizzate come contenitori per miscele di spezie, sacchi di juta da dove riusciamo ad intravedere equiseto e salvia, sacchetti più piccoli con una polvere verde intenso, di cui ci viene detto essere il miglior hennè in circolazione, ma la cui origine non ci viene svelata. Guardiamo con curiosità e stupore un pesce palla e un cavalluccio marino imbalsamati, antichi rimedi non più utilizzati, così come strani frutti appesi in alto con delle cordicelle, di cui ignoriamo l’utilizzo.
In Turchia il negozio di erboristeria, come viene inteso in occidente, in pratica non esiste; ci sono le farmacie che si occupano di vendere anche integratori alimentari, per il resto gli erboristi sono quelli che si possono trovare nel Misir Carsisi, ma con un’attività per nulla paragonabile a quella degli antichi medici erboristi alla corte dei sultani ottomani, ma più simili a speziali o droghieri.



“La storia della Turchia” – ci racconta Kalmaz – “è molto antica. I racconti che riguardano le antiche popolazioni dell’Anatolia si perdono nella notte dei tempi e sconfinano nella leggenda”. Le sue parole ci portano il ricordo della civiltà agricola di çatal huyuk, in cui è attestato l’uso di alcune erbe a fini cerimoniali per indurre l’estasi negli iniziati al culto. “Istanbul è una città che porta i segni della sua storia, prima come Bisanzio, poi come Costantinopoli capitale dell’Impero Romano d’Oriente, un arco di tempo di oltre duemila anni”. Kalmaz ci racconta per sommi capi dello sviluppo della medicina turca, delle grandi influenze provenienti tanto dal mondo arabo che da quello ellenico, lo sviluppo della pratica medica alla corte del sultano, capo dell’Impero Ottomano. “Anticamente le erbe erano il rimedio principale e i medici di corte, appositamente chiamati da ogni parte dell’Impero, elaboravano ricette e formule per il sultano e la sua famiglia. La vastità dell’Impero Ottomano, dall’Europa centrale al Nord Africa a tutto il Medio Oriente, permise ai sultani che man mano si succedettero sul trono di Costantinopoli di entrare in contatto con i migliori medici del mondo ellenico così come di quello arabo, creando una grande mescolanza di rimedi e metodi di cura, che fecero crescere nei secoli il prestigio della medicina alla loro corte. Tuttavia con il trascorrere del tempo e l’avvento dell’era moderna si è sviluppata e ha preso il sopravvento una medicina basata sul farmaco, di origine non naturale, per cui sono nate le farmacie e il sistema di medicina occidentale ha prevalso. Siamo così già nel XX secolo e qui ha luogo una distinzione: da una parte medici e farmacie che avevano, ed hanno, il compito di curare le malattie, dall’altra parte gli speziali ed erboristi, che si occupano di vendere spezie, aromi, olii e profumi, oltre che alcune erbe comuni per risolvere piccoli malanni, ad esempio problemi digestivi, problemi di transito intestinale, stanchezza e tensione nervosa, insonnia”. A ben guardare niente di molto diverso da quello che è successo in occidente con la nascita della moderna farmacologia. Mentre l’erborista turco parla, il nostro sguardo cade su un cartello appeso in cima che dice “Les aphrodisiaque des Sultans” e gli chiediamo di che si tratta. Ci guarda con un enigmatico sorriso e ci dice: “E’ l’afrodisiaco dei Sultani, un tonico energetico sessuale, una formula segreta che potete trovare solo qui da noi!”. Per un occidentale il termine afrodisiaco risulta ormai caduto in disuso, ma all’interno del bazar delle spezie di Istanbul, in mezzo a cumuli profumati di cannella, cumino e mille altre spezie, questa parola assume un significato diverso, rinnovato e quanto mai attuale. Lo dimostra il fatto che tra le piccole botteghe del Misir Carsisi gli afrodisiaci sono tra le cose più vendute e ricercate dagli avventori. Kalmaz resta un attimo in silenzio, come per raccogliere i suoi pensieri, e continua nel suo incerto inglese spiegandoci che “la cultura e la lunga storia degli afrodisiaci nasce con i sultani dell’Impero Ottomano e le loro regole sociali, la poligamia soprattutto. Allora, specialmente a partire dal XVI secolo, l’harem del palazzo Topkapi contava numerose concubine, fino ad alcune centinaia. Per poter soddisfare le esigenze del sultano, i medici di corte cominciarono ad elaborare sempre nuove e più efficaci formule con proprietà afrodisiache atte ad aumentare la libido e migliorare la funzionalità dell’apparato riproduttivo maschile.” Mentre prosegue con il suo racconto apre un vecchio barattolo di ceramica al cui interno c’è la misteriosa formula dell’afrodisiaco del sultano, alla vista una polvere giallo-verde dal forte aroma speziato. “Noi siamo i soli ad essere in possesso di questa formula, elaborata oltre quattro secoli fa e preparata oggi come allora. Contiene una miscela di sessantatre diverse spezie”
– e mentre ce lo dice cerchiamo di immaginare, senza riuscirci, un numero così alto di erbe afrodisiache – “Non troverete nulla del genere in tutto il bazar e in tutta Istanbul! Tutto il resto è solo fantasia!” Lo dice mostrandoci a titolo di esempio una scatolina preconfezionata, venduta anche in qualche altra bottega, che porta stampata un’immagine di alambicchi e strumenti spagirici e la scritta Avicenna in alto. Non siamo in grado di dire se le supposte proprietà di queste polveri siano o meno reali, ma sappiamo per certo che alla corte ottomana vi furono casi di sultani molto prolifici, come Murat III per pare abbia avuto oltre cento figli, se la storia fosse vera potrebbero esserlo anche questi afrodisiaci.
Restiamo di certo affascinati dalle parole e dai modi di fare dell’erborista, ma non possiamo evitare di chiedergli cosa succederà della sua attività se avverrà il tanto annunciato ingresso della Turchia della Comunità Europea, con tutte le sue regole in materia di integratori alimentari, controlli igienico-sanitari e obblighi normativi. Kalmaz ci guarda con un largo sorriso e dice di essere curioso di sapere cosa accadrà: “Certo l’eventuale ingresso nella Comunità Europea è interessante come evento, ma dal nostro punto di vista non riesco a immaginare cosa possa cambiare. Le formule che vendiamo, le erbe, le spezie, gli aromi, sono tutte cose che abbiamo sempre usato, fin dai secoli passati e che la gente ci ha sempre chiesto, come fa tutt’ora. Per cui se una cosa è richiesta dalle persone, perchè dovrebbe essere vietata?”. La domanda è pertinente, ma la risposta è difficile.
Concludiamo così la breve chiaccherata con Adnan Kalmaz, lasciandolo ai suoi clienti, un anziano signore che gli chiede una miscela di polveri di cui non riusciamo ad intuire l’utilizzo, che l’erborista pesa con un antico bilancino in ottone, e una signora di mezza età vestita con abiti dai colori sgargianti che va via tenendo in mano un pacchettino di rametti di salvia. E’ questo il lavoro di un erborista d’altri tempi, siamo di fronte a ciò che rimane della sapienza dell’antica medicina di corte dell’Impero Ottomano, siamo di fronte alle formule divenute famose all’interno del palazzo Topkapi, elaborate per migliorare la salute del sultano, siamo attorniati da odori e colori che soffiano aria d’oriente sull’Europa, siamo nel mercato delle spezie, il Misir Carsisi, siamo a Istanbul, Turchia.

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